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FABRIZIO FERRARI,

designer, giornalista e docente universitario:

una vita spesa nel nome e per la passione delle supercars italiane della “Terra dei Motori”.

STORIE DI VITA VISSUTA, DI LAVORO E PASSIONE, PER UN TERRITORIO UNICO, CHE GLI HA REGALATO

EMOZIONI ED ESPERIENZE IRRIPETIBILI!

FASE DUE:

IL DESIGNER CEDE IL PASSO AL DOCENTE, TUTOR ED INFINE RICERCATORE UNIVERSITARIO.

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PARTE 2 – CAP.1.0 – LA FINE DI UN’EPOCA

Verso la fine degli anni ’90 del secolo scorso, con il cambio di secolo e pure di millennio, iniziarono a manifestarsi tutta una serie di segnali che annunciavano, inevitabilmente, la fine di un’era: vale a dire l’estinzione, prevedibile già da tempo, dei car designer, cosiddetti indipendenti, o “free lance”, come si usava definirli all’epoca.

In effetti, già entro la prima metà degli anni ’90 del secolo scorso, avevamo già assistito alla chiusura di tutta una serie di iniziative e di piccole/medie aziende artigianali.

E per questo non mi riferisco solo alla Cizeta Automobili di Claudio Zampolli (vedi i precedenti cap. 4 e successivi della prima parte), o allo stop del progetto artigianale “Toni Auto GT” (vedi Cap. 5 – prima parte), ma anche alla stessa Bugatti di Campogalliano (vedi cap.2 – prima parte).

Anche la Ferrari, aveva deciso di chiudere il suo reparto progettazione e sviluppo design per conto terzi, la Ferrari Engineering, situata a Modena all’interno della Carrozzeria Scaglietti (vedi cap.3 – sempre prima parte).

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Le rimanenti aziende artigianali, con cui avevo collaborato, stavano anch’esse per cambiare definitivamente.

La De Tomaso, che già da tempo aveva iniziato la sua china discendente, a partire dal 1993, quando il fondatore Alejandro era stato colpito da un terribile ictus, che 10 anni dopo lo portò alla morte. Ed infatti, dopo anni di lento declino e di riduzione progressiva delle attività, quando nel 2003 Alejandro morì, l’azienda che porta il suo nome gli sopravvisse meno di un paio d’anni, arrivando alla chiusura definitiva nel 2005.

La stessa Lamborghini, che aveva vissuto un periodo molto difficile e travagliato sin dal 1993, quando l’allora colosso USA Chrysler aveva deciso di cederla ad un gruppo di investitori capitanato dal Presidente indonesiano Suharto, verso la fine degli anni 90 del secolo scorso, era ormai anch’essa in condizioni disperate. Solo grazie all’intervento del gruppo Vw che, attraverso la controllata Audi ne acquisì il 100% della proprietà, nel luglio del 1998, la Lamborghini potè salvarsi e divenire poi la fiorentissima azienda che conosciamo oggi.

Questo lento ma irreversibile stravolgimento del panorama automotive della “Terra di Motori” (come era uso definirla all’epoca), comportò inevitabilmente anche un completo cambio di opportunità e di situazioni di lavoro, per un car designer indipendente come il sottoscritto, complice anche il rapido cambio delle tecnologie di progettazione, sempre più computerizzate, grazie a softwares sempre più sofisticati, potenti e dedicati (ma anche troppo costosi ed impegnativi per un singolo professionista).

Va da se’ che la rosa delle opportunità si era nel mentre notevolmente ridotta, tanto che i miei stessi tentativi di collaborare con la De Tomaso (vedi Cap.7 e successivi della prima parte), si erano alla fine rivelati sostanzialmente infruttuosi, proprio a causa della crisi che alla fine portò l’azienda alla chiusura.

E pure la mia stessa collaborazione con la Lamborghini, dopo il 1998, cambiò radicalmente, per poi arenarsi del tutto, poco tempo dopo.

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LA FINE DEI PICCOLI COSTRUTTORI ARTIGIANALI INDIPENDENTI,

CON UNA SOLA ECCEZIONE.

 Come è chiaro, la fine dei piccoli costruttori artigianali e l’avvento, come nel caso della Lamborghini, dei grandi gruppi automotive internazionali, comportò di fatto un radicale cambiamento di rotta e, appunto, la sostanziale fine dei car designer indipendenti, non più “ammessi” dalle aziende, per ragioni di segretezza, ma anche e soprattutto di policy interna alle aziende stesse. Aziende tutte facenti parte di grandi gruppi ormai che, da quel momento decisero di “internalizzare” qualsiasi lavoro che riguardasse il concetto stesso dei progetti delle nuove auto (per fortuna, non accadde la stessa cosa ai fornitori esterni di parti, lavorazioni, tecnologie, ecc.)

Non a caso, la Lamborghini già nel 2003, creò il proprio Centro Stile interno a Sant’Agata. Ma ancora prima, nel 1998, subito dopo l’acquisizione da parte di Audi, vi fu lo stop immediato di tutti i progetti in corso (L.147 soprattutto, ma anche L.149, L.140, ecc.) ed in pratica, l’azzeramento di tutti i contratti di collaborazione esterni (sempre per quanto riguarda il concetto ed il design dei progetti). Tutto doveva necessariamente (ed ovviamente) non solo passare dall’ufficio tecnico interno – come già accadeva anche prima – ma soprattutto provenire dall’interno del gruppo Vw stesso. Tanto che gli incarichi per la definizione dei nuovi progetti L.147, che ha poi portato alla Murciélago ed L.140, che ha dato infine origine alla Gallardo, furono appannaggio esclusivo del gruppo interno guidato dal Designer Luc Donckervolke, facente capo inizialmente al design Audi e che ha dato infine origine al Centro Stile Lamborghini di Sant’Agata, alcuni anni dopo (2003).

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