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Conclusa l’attesa per il numero 27 dell’Annuario “MenuDeiMotori”, previsto per il prossimo autunno.

Dopo varie anticipazioni SUI PRINCIPALI CONTENUTI RELATIVI A MASERATI, LAMBORGHINI E PAGANI (vedi l’articolo precedente), vi diamo ora un’anticipazione di un altro articolo esclusivo, dedicato dall’interno della stessa MOTOR VALLEY. Si tratta di un viaggio tra storia e futuro di quello che possiamo ben definire “ARTIGIANATO ARTISTICO”.

Sotto, la presentazione, mentre nell’Annuario potrete invece scoprire direttamente  i vari protagonisti.

VIAGGIO NELLA “MODENA TERRA DI MOTORI”

Artigianato Artistico!

Di Fabrizio Ferrari

La Terra dei Motori o “Motor Valley”, come è d’uso definirla al giorno d’oggi è sempre stato un territorio d’eccellenza. Ed il sottoscritto, che lo frequenta attivamente da almeno 35 anni, ne ha visto i cambiamenti nel tempo, ma soprattutto ne intravede ora il futuro …

Un futuro sempre fatto di eccellenze e di particolari capacità, praticamente impossibili da trovare in qualsiasi altra parte del mondo!

In particolare, mi riferisco ad una serie di singolari talenti, che permettono di realizzare qualsiasi prodotto, con una flessibilità, una manualità, una capacità di risolvere i problemi ed una imprenditorialità che, almeno per quanto riguarda il campo automotive (ma non solo), hanno davvero pochi eguali al mondo.

E non sto parlando di qualità astratte, o per “sentito dire”, quanto piuttiosto di un ambiente che mi ha stupito sin dal mio primo contatto, a partire dal lontano 1986, quando ancora ero solo uno studente. Un ambiente che ho continuato a frequentare per tutti questi anni, con profitto e soddisfazione, potendo esprimere a mia volta tutta una serie di idee e progetti, che certo non avrei potuto fare, sicuramenye non nello stesso modo, in nessun altra parte del mondo.

Ma in tanti anni il mondo è anche profondamente mutato, ed i “maestri” che ho conosciuto tanti anni fa sono invecchiati, hanno lasciato e, piano piano, tutto è cambiato. Ad un certo punto, le trasformazioni hanno iniziato ad essere sempre più rapide e radicali e, si è quindi temuto che, complici le nuove tecnologie digitali e la progressiva centralizzazione e standardizzazione dei processi, nonché la presunta diversa attitudine delle nuove generazioni, tutti questi fattori, avrebbero finito con lo spazzar via questa cultura, che io ho sempre definito “artigianato Artistico” e che da sempre caratterizza ed identifica questo particolare territorio.

Dopo gli anni della pandemia, le guerre, la crisi energetica e dei materiali, l’inizio della deglobalizzazione e soprattutto, dopo anni di blocco o comunque di grande incertezza per l’economia globale, anche la Motor Valley è entrata in un periodo di forti cambiamenti, accelerando ancor più lo sviluppo tecnologico (da parte delle grandi case automobilistiche) e soprattutto rendendo ancor più frenetico il ricambio generazionale.

Ecco dunque che, con grande piacere (ma anche con un po’ di sorpresa), ho certo visto, purtroppo, farsi da parte diversi artigiani che hanno fatto la storia, ma in compenso ho visto anche arrivare alcuni giovani volenterosi e soprattutto nascere nuove iniziative ed aziende, sempre ad opera di giovani che, insospettabilmente, non solo mettono nel loro lavoro la stessa passione e competenza dei vecchi maestri, con i quali sono cresciuti ma – e questa è la grande novità – stanno iniziando a migliorare ulteriormente la qualità del loro lavoro, avendo introdotto nel processo, e quindi sfruttando al meglio le nuove tecnologie e la stessa digitalizzazione.

Ecco dunque che il futuro dell’Artigianato Artistico della Motor Valley, non solo è al sicuro, ma ora so per certo che avrà anche un grande avvenire, fatto non solo di tradizione e competenza che vengono da un glorioso passato, ma anche dall’applicazione delle nuove tecnologie, che renderanno questo lavoro sempre maggiormente pregevole e davvero prezioso nel tempo.

IL “SISTEMA MODENESE”

Non è certo un caso che nella zona di Modena e dintorni, si sono sviluppate aziende del calibro di Ferrari, Maserati, Lamborghini ed infine Pagani (senza dimenticare tutte quelle che purtroppo non sono arrivati sino ad oggi: dalla Bugatti di Campogalliano alla Cizeta, dalla De Tomaso alla Stanguellini, poi la serenissima, l’ATS e tante altre ancora). Una concentrazione tale di aziende automotive che hanno tutte un denominatore comune: l’eccellenza, grazie alle prestazioni, al design e all’eccezionalità del prodotto, generalmente alto di gamma e di lusso, oltre che estremamente sportivo e prestazionale. E questo concetto è valido anche per le moto, con la Ducati a Bologna a rappresentare degnamente la “Ferrari a due ruote” del settore, ma anche con tante altre piccole e medie aziende (in passato furono davvero tante).

Ma questa particolare cultura deriva soprattutto dalla grande passione per le corse che, di fatto, impongono un modo di pensare, progettare e costruire, non tanto basato su una produzione di massa, quanto piuttosto su un prodotto dedicato, d’eccellenza, dove le prestazioni, l’efficienza e l’innovazione tecnologica sono la base per il successo.

Questa particolare cultura, poi trasferita anche sui prodotti destinati al pubblico (seppur selezionato), ha permesso di creare vetture stradali direttamente derivate dai concetti delle auto da corsa e quindi il trasferimento tecnologico e dell’eccellenza è divenuto normale e parte integrante del processo.

Non a caso, un’auto da corsa, di qualsiasi categoria, F.1, Sport o anche GT, per essere vincente, deve partire da un progetto tecnologicamente avanzato, che si evolve in fretta e la cui realizzazione deve godere della massima flessibilità e velocità di esecuzione.

Esattamente il contrario di quanto accade invece nella grande produzione, dove i progetti sono pianificati a lungo termine ed i processi standardizzati, per ottimizzare i costi e rendere il prodotto economicamente il più remunerativo possibile.

Ecco perché in questa zona, tutti i fornitori specializzati, i consulenti e persino gli artigiani, sono portati a lavorare con questa particolare attitudine da sempre.

Faccio l’esempio dei carrozzieri (a Modena un tempo definiti “carrozzai”), perché è il settore che conosco meglio (avendoci lavorato a contatto diretto), ma il discorso si può estendere facilmente anche ai motoristi, ai fornitori di componenti, materiali, lavorazioni, ecc.

A Modena e dintorni, nella Motor Valley, non si è mai parlato più di tanto di carrozzeria o design. La zona è certamente più votata alla meccanica ed alle auto da corsa e supersportive. In realtà, la capitale italiana (e non solo) dei carrozzieri e dei designer è sempre stata Torino, anche perché Torino un tempo era anche la capitale della produzione di massa di auto in Italia. Nomi come Pinifarina, Bertone o Giugiaro, ancora oggi la dicono lunga sulla tradizione carrozziera torinese e sono solo i più noti a livello internazionale (in realtà le carrozzerie specializzate erano decine e decine).

Al contrario, a Modena, si sono sviluppati i cosiddetti “carrozzai”, considerati a torto minori, solo perché meno numerosi e soprattutto perché hanno sempre lavorato nell’ombra delle grandi case di auto da corsa e supercars: Scaglietti per la Ferrari, Fantuzzi per la Maserati, poi ancora altri nomi oggi quasi sconosciuti come la Sport Cars di Piero Drogo, ecc.

Questi carrozzai della Terra di Motori, all’inizio avevano soprattutto il compito di vestire le auto da corsa e, nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale, qualche rara GT stradale, quasi sempre prodotta in piccola serie in modo del tutto artigianale. La realizzazione delle auto da corsa, imponeva tempi rapidi di esecuzione, senza tanti disegni o precisi progetti. Spesso si trattava di carrozzare in fretta dei telai già “meccanizzati”,cioè completi delle componenti meccaniche essenziali, come motore, cambio, sospensioni, sterzo, radiatori, serbatoi, tubazioni, ecc.

Un processo che partiva con basi ed esigenze den diverse da quelle delle vetture carrozzate dalle carrozzerie torinesi, dove la base di partenza era un disegno di stile, poi riportato su disegni tecnici con le proiezioni ortogonali quotate, dotate di tutte le misure fondamenali, nonché delle varie sezioni di carrozzeria, a completare il cosiddetto “piano di forma”. Spesso la stessa disposizione degli accessori, come radiatori, serbatoi, ruota di scorta, baule, ecc. era decisa a monte dallo stesso designer/carrozziere, che in questo modo pianificava non solo il progetto, ma la stessa costruzione, seppur sempre artigianale, delle varie fuoriserie o vetture speciali; attraverso un processo molto più simile a quello della grande produzuone dell’epoca (parliamo soprattutto degli anni 50 e 60 del secolo scorso).

Operativamente parlando, quale era dunque la più grande differenza tra la “scuola torinese” di carrozzeria e quella modenese dei “carrozzai”?

Così a Torino i grandi carrozzieri realizzavano le carrozzerie sula base dei disegni quotati (piano di forma), da cui ricavavano grandi mascheroni di legno, su cui battere manualmente le lamiere che componevano la carrozzeria e quindi utilizzando questi grandi mascheroni di legno come modelli per la riproduzione artigianale delle varie parti di carrozzeria.

Mentre a Modena, i “carrozzai”, per velocizzare ed ottimizzare al meglio lo stesso processo, però partendo da basi ben diverse, costruivano invece, al posto dei costosi ed impegnativi mascheroni in legno, una sottile intelaiatura realizzata con il filo di ferro, più o meno spesso, definita “manichino” (“manichein”, in modenese) o “filon” (sempre dal modenese). In pratica, con il filo di ferro, creavano gli archi passaruota, segnavano la linea di mezzeria dell’auto, creavano le principali sezioni della carrozzeria, il giro porta e le battute dei cofani, l’alloggiamento dei fari, le cornici dei vetri (parabrezza, lunotto, finestrini laterali), realizzando intorno al “layout” (Telaio “meccanizzato”) un vero e proprio “piano di forma” fisico, direttamente con il filo di ferro. In questo modo, “disegnavano direttamente la carrozzeria dell’auto da corsa o GT stradale; senza possibilità di errore, in quanto le eventuali interferenze con le componenti interne, come radiatori, serbatoi, tubazioni, meccanica, ecc. non potevano non evidenziarsi subito.

Infatti, il manichino finito in tubi di ferro, veniva poi staccato dal telaio ed aveva quindi la stessa funzione dei mascherono in legno dei carrozzieri torinesi, in quanto ci si sagomavano sopra le lamiere della carrozzeria, a volte anche direttamente sul manichino applicato al telaio, costruendo in fretta la carrozzeria stessa, la quale poteva poi essere riprodotta, sullo stesso manichino, per più esemplari, all’occorrenza.

Quali erano i pregi ed i difetti di un simile sistema, artigianale ed alquanto ingegnoso? I vantaggi indiscussi erano senza dubbio quella della velocità di esecuzione e della flessibilità per eventuali modifiche, in quanto, all’occorrenza, era sufficiente tagliare e modificare alcuni fili di ferro del manichino, per realizzare in fretta qualsiasi modifica di carrozzeria.

Un sistema di costruzione artigianale ideale per le auto da corsa, ma anche per i prototipi o per le piccole serie.

Ma quali erano invece i difetti? Il principale difetto, a parte che questo sistema non si rivela affatto adatto per le grandi produzioni, dove invece la standardizzazione e l’automazione dei processi costruttivi sono indubbiamente un vantaggio basilare, l’altro grande difetto di questa produzione estremamente artigianale, sono le tolleranze di lavorazione e le relative imprecisioni.

Imprecisioni che arrivano sino al punto di creare auto asimmetriche, dove una parte di carrozzeria o la posizione di un particolare, possono differire facilmente anche di alcuni millimetri (in qualche caso, nelle costruzioni più vecchie anche centimetri) nella parte destra, rispetto alla parte sinistra.

LE NUOVE TECNICHE DIGITALI

Un “problema” di cui sono affette molte auto storiche, anche molto quotate e famose (come la Ferrari 250 GTO, ad esempio) e di cui si sono ben resi conto in tempi recenti, i reparti di certificazione e restauro delle grandi case, come il Ferrari Classiche o il Polo Storico Lamborghini. In pratica, nel tentativo di standardizzare gli odierni processi di restauro di queste vetture storiche, si è pensato di sottoporre alcune vetture considerate “perfette” ad un “reverse engineering”: in pratica una scansione digitale, per ricrearne, attraverso la nuvola di punti tridimenrsioni ottenuta digitalmente con la scansione, un moderno modello matematico in 3D (la versione digitale del vecchio “piano di forma”, di cui sopra).

Chiaro che queste operazioni, non solo hanno incontrato difficoltà, a causa delle difformità dimensionali e asimmetrie subito riscontrate su queste vetture ma, alla fine, il modello matematico che si ottiene, pur se ottimizzato al massimo, resterà comunque difficile da applicare a qualsiasi altra vettura dello stesso modello, vanificando così gravemente il processo stesso.

Ma allora come si possono sfruttare le attuali tecnologie, in questo particolare settore del restauro e della prototipazione? Tecnologie come il “reverse engineering”, con relativa creazione del modello matematico 3D e poi, di conseguenza, l’utilizzo di nuovi materiali e tecniche di lavorazione che, dal modello 3D possono portare alla realizzazione di tanti particolari, direttamente anche con le stampanti 3D, grazie alla moderna prototipazione rapida.

Ed ecco allora che la nuova generazione di artigiani e restauratori,e quindi non solo i produttori di componenti, , si sta ora impegnando ad un’applicazione “personalizzata” e proficua di queste nuove tecnologie, in simbiosi perfetta con quelle che sono le tecniche artigianali di un tempo.

Ecco allora che, come lo stesso Horacio Pagani insegna, con il suo motto preferito “Arte & Scienza”, ai moderni processi di costruzione grazie alle tecniche di digitalizzazione (“reverse engineering” e “prototipazione rapida”), si può abbinare l’ARTE degli stessi artigiani, con la loro flessibilità e la loro esperienza, mediando così questi processi nel caso di restauri e ricostruzioni delle supercar e auto da corsa d’epoca ed invece utilizzando e sfruttandoli a pieno nella costruzioni di prototipi e componenti varie, raggiungendo così l’ideale compromesso, tra velocità di esecuzione, flessibilità e rapidità di modifica, ma anche precisione assoluta nelle tolleranze (ovviamente senza alcuna asimmetria accidentale).

Ma andiamo ora a scoprire, caso per caso, come si sta trasformando il settore, in questo fantastico territori che è la Motor Valley …

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