(1995-2000): from Diablo to Murcièlago – Dura competizione tra designer per sostituire la Diablo, prima dell’arrivo dell’Audi: Pagani, Gandini, Fabrizio Ferrari, Zagato, Peter Stevens, IDEA Institute, Antonio Sassi, sino a Luc Donckerwolke che diede origine alla Murcièlago.
Se il progetto della Diablo, il Progetto P132 (vedi), era stato estramamente lungo e complicato, quello per la sua erede, denominato PROGETTO L.147, fu anche più lungo ed ancora maggiormente complicato!
Il tutto generato soprattuto da repentini cambi di proprietà e situazioni economico/finanziare che, di fatto condizionarono fortemente, per tutto il decennio degli anni 90, lo sviluppo di qualsiasi attività progettuale della Casa del Toro!
Tutto nasceva dall’improvvisa cancellazione del Progetto L30, alla fine del 1993. La L30, o “Super Diablo”, come qualcuno la definiva all’epoca, che doveva di fatto essere una speciale versione in serie limitata, con un telaio tutto in fibra di carbonio, abbinato ad una versione super potenziata del 12 cilindri della Diablo, da presentare nel 1993, in occasione del 30° Anniversario della lamborghini. Un progetto molto ambizioso, nato nel periodo Chrysler e portato avanti soprattutto da un’idea di Horacio Pagani che, dopo aver ottenuto l’approvazione della sua proposta di design (anche i designers della Chryler ne avevano presentata una per il Progetto L30), si stava anche organizzando come fornitore esterno, per la produzione dei telai e delle carrozzerie, di questa speciale “Super Diablo” che altro non era che una versione quasi da corsa (e comunque molto performante), della stessa Diablo.
Purtroppo, l’improvvisa cessione della Lamborghini a fine 1993, da parte della Chrysler ad un gruppo indonesiano capitanato dal figlio dell’allora Presidente Suharto, bloccò il progetto L30 prima della sua presentazione (e non solo quello, anche altri progetti in corso come la piccola V10 P140), cambiando ancora una volta il corso della storia.
Il progetto L30, di fatto, divenne poi nel tempo il “seme” per tutt’altra auto … ma questa è un’altra storia (che vi racconta Horacio Pagani in una video-intervista – vedi) ma, per quanto riguarda la Lamborghini restò per sempre lettera morta.
Nel frattempo però, colmata la lacuna del 30° Anniversario di fondazione della Lamborghini solo con la speciale versione Diablo SE 30° (1993) – la storia si ripeteva (come già fu nel caso della Countach 25° – 1988) – stava ormai divenendo di attualità la creazione, se non di una “Super Diablo”, quanto piuttosto di una seconda serie della stessa, se non proprio ancora dell’erede vera e propria; in quanto, la successiva presentazione, in quei primi anni 90, di tante supercars concorrenti, dalla Bugatti EB110 (1991), alla McLaren F1 (1993), oltre alle Jaguar XJ220 (1991), la Cizeta V16T (1991) e tante altre, stava di fatto togliendo sempre più interesse ed attualità alla stessa Diablo.
E comunque, in ogni caso, oltre a prevedere una gamma in continua evoluzione, per mantenere la Diablo sempre “fresca”, attuale e desiderabile sul mercato, era ormai tempo di iniziare a programmare la sua futura erede. In questo modo, fu varato il PROGETTO L.147.
Il periodo non era certo dei migliori, per quanto riguarda soprattutto l’economia interna della Lamborghini, sempre a corto dei necessari finanziamenti, ma soprattutto anche in preda a diverse correnti di pensiero interne, che ne minavano di fatto l’unità d’intenti, soprattutto per quanto riguarda il percorso progettuale ed evolutivo dei futuri modelli.
Il Direttore Tecnico Lamborghini, Ing. Luigi Marmiroli, era così tornato a chiedere direttamente a Marcello Gandini, di progettare una decisa evoluzione della Diablo, che però non comportasse costi eccessivi, che l’azienda all’epoca non si poteva permettere. Quindi la richiesta era ben circostanziata e verteva soprattutto sulla volontà di mantenere invariati lo stesso giro-porta, il tetto ed il parabrezza della Diablo (in pratica tutto il padiglione), in modo da evitare i costi, non solo delle attrezzature necessarie per produrre le varie componenti ed assemblarle in linea, ma anche e soprattutto le costosissime prove di omologazione e crash test.
Poco più di un anno dopo, Marcello Gandini presentò dunque la “Acosta” (1995): una maquette in scala 1:1, di quella che già poteva essere una prima erede della Diablo. Lo stesso fecero i designers indipendenti Peter Stevens e Fabrizio Ferrari (che presentò la sua “Toreo” – 1995), ai quali Marmiroli aveva comunque chiesto una proposta, seppure solo teorica (su carta).
Nel frattempo si era aggiunto anche il carrozziere milanese Zagato che, aveva realizzato una sua specialissima versione di “Super Diablo”, la Raptor (1996), della quale si era pure favoleggiata la produzione in serie limitata (rimase invece esemplare unico, presentato al Salone di Ginevra 1996).
Ma la situazione interna in Lamborghini era così complicata, non solo a livello economico (mancavano sempre i fondi per sviluppare i prototipi e soprattutto per avviare la produzione di nuovi modelli), ma anche a livello politico e decisionale, in quanto il Direttore Generale Lamborghini, Mike Kimberley (1994), non aveva accettato la proposta di Gandini (la “Acosta”), ma anzi aveva invece deciso – dopo la Raptor – di affidare l’incarico alla Zagato che, appena un anno dopo, già presentava un primo prototipo marciante, la Canto (1996), a sua volta poi avallato anche dal nuovo AD Lamborghini Vittorio Di Capua (1996), appena nominato dalla proprietà indonesiana.
Il problema era che la Canto di Zagato, non rispettava affatto le richieste di progetto dell’Ing. Marmiroli, in quanto ogni componente, dal giro porta, al tetto, parabrezza e quant’altro, di fatto differivano per pochi centimetri da quelle della Diablo e, all’atto pratico, comportavano perciò un completo rifacimento delle attrezzature di produzione e soprattutto di una nuova omologazione completa!
Inoltre, a molti, compreso lo stesso Ing. Marmiroli, lo stile della Canto di Zagato non convinceva, al punto che, ancora una volta il designer indipendente Fabrizio Ferrari, intervenne sullo stile della Canto di Zagato; in quanto ormai alcuni costi per le attrezzature di produzione erano già stati affrontati, costruendo anche alcuni prototipi per i collaudi su strada.
Nel frattempo l’Ing. Marmiroli era uscito dall’azienda (nel 1997) e, nemmeno un anno dopo, l’AD Di Capua concludeva l’accordo con Audi che, nel luglio 1998 rilevava l’intero pacchetto azionario della Lamborghini dalla precedente proprietà indonesiana.
Ovviamente tutto questo sparigliava nuovamente le carte e, dopo aver scartato la Canto di Zagato, i tedeschi di Audi tornarono a indire una prima gara, cui parteciparono ufficialmente ancora Marcello Gandini, il quale presentò un modello in scala ridotta, oltre all’ l’IDEA di Torino, la quale presentò anch’essa una maquette in scala 1:1 sul tema, la L.147 I2000. Mentre un altro designer indipendente, all’epoca però parte dello staff di IDEA, Antonio Sassi, presentò anch’egli un’evoluzione della maquette di IDEA. Infine, non in modo ufficiale, ma come proposta indipendente (non richiesta da Audi), ancora Fabrizio Ferrari, sempre molto vicino ed affezionato all’azienda di Sant’Agata Bolognese, in quel difficile e complicato perioido. Entrambe queste ultime due proposte (di Ferrari e Sassi) restarono solo su carta.
Ecco dunque che, finalmente, si arrivava all’epilogo finale di questo travagliatissimo Progetto L147, con la proprietà tedesca di Audi, che incaricava ufficialmente un suo designer interno, Luc Donckerwolke (leggi l’intervista esclusiva su “MenuDeiMotori” #9 del 2004), il quale diede così impulso ad una serie di sketches, modelli e prototipi, che infine portarono alla presentazione della vera ed effettiva erede della Diablo, la Murcièlago (2001).
Da ricordare anche che, nemmeno due anni dopo la presentazione della Murcièlago, Donckerwolke diede anche vita al Centro Stile Lamborghini di Sant’Agata Bolognese (2003).
In questa video gallery, potete vedere tutte le proposte per il progetto L147 dall’inizio.

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GUARDA LA STORIA DEL PROGETTO P132 (Dalla Countach alla Diablo) Clicca qua
CAP.6.3 1994/95: IL RITORNO DELLA P.140, LA DIABLO ROADSTER E LA SUPERDIABLO
CAP.6.7 1998-2001: L’ACQUISIZIONE DA PARTE DI AUDI